Sedentarietà

Andrebbe diffuso nella popolazione il concetto che la sedentarietà non sia una condizione di normalità, bensì sia causa di varie patologie.
Secondo l’OMS l’inattività è causa di 2.000.000 di morti all’anno nel mondo, essendo responsabile di circa il 10-16% dei casi di diabete e di cancro al colon e alla mammella, di circa il 22% dei casi di cardiopatia ischemica.
Inattività peggiora lo stato della salute mentale, in particolare favorendo lo stato depressivo, aumentando lo stress, riducendo durata e qualità del sonno, diminuendo le capacità decisionali, la memoria a breve termine ed accelerando i processi di invecchiamento.
In Europa nel 2006 la stima dei decessi annuali legati all’inattività li collocava al 6% del totale, ossia 600.000 all’anno: ad obesità e diabete era attribuito un peso di 1.000.000 di morti all’anno.
In Europa i 70% degli adulti non raggiunge livelli minimi di attività necessari per mantenere un buon stato di salute.
In Italia i risultati dello studio “Okkio alla salute” relativi ai bambini delle scuole primarie rilevano che solo 1 bambino su 10 fa un’attività fisica adeguata alla sua età, il 12,3% dei bambini risulta obeso ed il 23,6% sovrappeso: in Europa l’Italia è il paese con il più alto tasso di obesità infantile.
Il rischio di morte sia cardiovascolare sia riferito a tutte le cause è risultato pià basso ra gli individui con lato BMI ma allenati, piuttosto che tra in normopeso ma sedentari: è dunque più importante essere attivi che magri!
Una bassa efficienza cardiopolmonare ed uno stato di inattività possono costituire una minaccia maggiore dell’obesità.

Il movimento

MOVIMENTO = SPORT?
No: sicuramente no! Dobbiamo chiarire il significato di alcuni termini: il movimento di una persona è la somma della sua attività fisica e del suo esercizio fisico.
L’attività fisica è il movimento collegato alle comuni abitudini personali, quelle cioè legate alle attività quotidiane tipo l’andare a scuola, il tipo di lavoro, le attività domestiche, le dinamiche familiari … : si tratta in sostanza di un movimento non strutturato e fortemente dipendente con le tue abitudini. Nell’ultimo secolo la meccanizzazione di industria ed agricoltura hanno da un lato drasticamente migliorato le condizioni dei lavoratori mentre dal punto di vista metabolico hanno ridotto il dispendio energetico dello svolgere tali mansioni. Ad oggi è raro sudare lavorando: il servosterzo e l’aria condizionata sono entrate nelle cabine dei trattori degli agricoltori, che talora passano l’intera giornata sul mezzo, totalizzando un consumo calorico poco maggiore di un impiegato medio. Pensa a come il cambio automatico, l’aria condizionata, il servosterzo, la lunghezza dei tragitti abbiano modificato il fisico del camionista, fino 50 anni fa un tipo robusto-muscoloso, attualmente generalmente un robusto-obeso. Anche il lavoro in fabbrica non è più così logorante e faticoso come un tempo: il progresso ha sicuramente migliorato la qualità della vita, si lavora di meno e si produce di più, ma andiamo a lavorare in automobile, spostiamo cose per 8 ore, poi ce ne torniamo a casa di nuovo in auto, con una spesa calorica assai ridotta. I bambini/ragazzi si muovono poco, per l’irruzione dei monitor (TV/PC/games…) nella quotidianità, per l’isolamento dei nuclei familiari e la minore interazione tra bambini, per la difficoltà di recarsi a scuola a piedi (importantissima a tal proposito le iniziative denominate “Piedibus”). Un ulteriore determinante il calo di attività fisica è causato dalle modifiche sociali: negli ultimi decenni l’ingresso nel mondo del lavoro è stato nettamente ritardato mentre il settore terziario (tipicamente sedentario) si è notevolmente dilatato a scapito delle attività agricole ed industriali, che rimangono metabolicamente più attive, nonostante la tendenza alla sedentarietà di cui sopra. La figura lavorativa preponderante è quella dell’impiegato.
Dicevo che il movimento è la somma di attività fisica ed esercizio fisico: con questo termine si intende il movimento strutturato, pensato, voluto ad di fuori delle normali occupazioni ed abitudini quotidiane. Quando hai finito di lavorare, di sistemare casa, di badare a figli-genitori-mariti-amanti e ti resta solo un tot di tempo libero (prezioso poco e ambito tempo libero) anziché chiuderti dentro qualche mura o di fronte ad un monitor decidi di uscire di casa e farti una bella passeggiata, una corsa in bici, un’escursione in montagna, una nuotata, una corsa a piedi, un qualunque movimento ti sia gradito. Il requisito minimo è che tu senta che i tuoi muscoli stanno lavorando, il respiro dei polmoni si fa un po’ più svelto, il tuo cuore pulsa di più, la tua pelle è più calda… E’ questo sport? Direi di no: lo sport è una forma di esercizio fisico che prevede la sfida in genere nei confronti di qualcun altro. E’ una variante di esercizio fisico in cui l’agonismo gioca un ruolo centrale: esso è particolarmente utile come motivatore, in quanto per molte persone avere un obiettivo ed una sfida è necessario per essere motivati a praticarlo. Così l’obiettivo domenicale di essere tra gli 11 che scenderanno in campo nella partita è ciò che mi spinge ad andare ad allenamento, ad allenarmi bene, in modo da essere competitivo, quindi selezionato per il campo anziché per la panchina. Oppure negli sport individuali, quali ad esempio la corsa, l’obiettivo potrebbe essere sia di sfida nei confronti di se stessi (battere il proprio record personale), sia quello di ottenere un buon piazzamento in una gara da noi prescelta. Lo sport è dunque un esercizio fisico in cui la presenza di agonismo ed obiettivi servono a motivare le persone a portare il proprio organismo verso il migliore stato di forma possibile.
Personalmente ritengo che lo sport sia utile come motivatore delle persone -soprattutto bambini e giovani- per iniziarle al movimento di qualunque genere: se in età evolutiva viene dato un imprinting positivo per cui al corpo in movimento viene associata l’idea di piacere, sarà più probabile che la persona anche da adulto trovi diverse forme di esercizio fisico da poter praticare in virtù delle modificate abitudini di vita.
A mio avviso lo sport dovrebbe rimanere in una dimensione amatoriale, in quanto il professionismo implica spesso di portare l’organismo umano a compiere prestazioni estreme, i cui la sollecitazione di cuore, polmoni, e apparato locomotore può risultare logorante.
Mi risulta difficile considerare lo sport un lavoro: lo è in funzione dello spettacolo che sta alle sue spalle. Tanti spettatori producono tanto clienti (televisioni, stadi…) che sono il motore dell’industria commerciale che anima il professionismo sportivo. Ma il beneficio recato dalla bellezza televisiva del gesto sportivo è minore dei danni culturali da esso prodotto, in particolare il creare una popolazione di spettatori, che erratamente si definiscono “sportivi” in quanto seguono lo sport: tale termine è in realtà aberrante, in quanto essi risultano semplicemente consumatori, clienti e spettatori.
Infine il professionismo porta con sé l’idea di vincere a tutti costi, quindi anche con metodi illeciti. Emblematico il caso di Ben Johnson, oro olimpico nei 100m a Seoul nel 1988 e record del mondo: tutto il mondo ad applaudire in TV lo show mondiale, quindi il doping, il ritiro della medaglia e del record, l’ombra e l’ignominia.
Oppure Lance Armstrong, icona dello sport anche per essere risultato vincitore di un cancro ai testicoli all’età di 17 anni, è stato per 7 volte vincitore del Tour de France (1999-2005), titoli ritirati nel 2012 dopo anni di sospetti ed indagini che lo hanno riconosciuto colpevole di doping.
Altro tragico caso quello di Marco Pantani, morto depresso a 34 anni di overdose, dopo una vita funestata da sospetti di doping.
Chi volesse approfondire i danni da professionismo sportivo può interessarsi alle biografie di Maradona, Marion Jones, Alberto Contador, Riccardo Riccò, Danilo Di Luca, Guillermo Canas …
 
COME INCREMENTARE IL MOVIMENTO
 
Scuole: inserire l’insegnamento dell’attività motoria dalle elementari, aumentare le ore di educazione fisica nelle scuole medie curandone di più l’importanza (va fatta, fatta meglio, inserita nella valutazione della persona), favorire le iniziative denominate “piedibus”
Sanità: istituzioni di centri multidisciplinari per la promozione di stili di vita salutari, proposizione di eventi formativi per i sanitari delle branche interessate al tema (MMG, cardiologi, diabetologi, nutrizionisti, psicologi, medici dello sport, …)
Urbanistica: promuovere la mobilità pedonale e ciclabile, eliminare le barriere architettoniche (per passeggini di genitori, per carrozzine di disabili), favorire la messa in sicurezza delle direttrici casa-scuola, casa-lavoro, casa-stazione in modo da favorire le percorrenze ciclopedonali, predisporre luoghi di parcheggio sicuri e coperti per le biciclette.
Turismo e ambiente: favorire l’approccio turistico a piedi o in bicicletta.
Lavoro: incentivare le aziende a mettere a disposizione dei propri dipendenti spogliatoi con possibilità di armadietto e doccia, rendere accessibili luoghi di lavoro alle biciclette dando possibilità di parcheggio, disincentivare l’utilizzo degli ascensori.
Associazionismo (sportivo, sociale, culturale): sensibilizzazione in materia di movimento inteso non solo come agonismo, ma come momento di produzione di salute, collaborazione per iniziative di promozione della salute (incontri pubblici, gruppi di cammino…)
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L’IMPATTO ECONOMICO DELLA SEDENTARIETÀ IN EUROPA
(tratto da: “The economic cost of physical inactivity in Europe”, ISCA/CEBR report 2015)
Anche individui normopeso che non raggiungano i livelli raccomandati di attività fisica sono a rischio aumentato di sviluppare di tumori, diabete tipo 2, malattie cardiache e di subire una morte prematura: in ordine di importanza l’inattività è il quarto tra i fattori di rischio per tutte le morti.
Si stima che in Europa (popolazione di 712.000.000 di abitanti) il contributo della sedentarietà alla mortalità globale ammonti a 500.000 decessi ogni anno.
Anche se le raccomandazioni relative al movimento venissero seguite non per l’intera popolazione ma solo in parte, vi sarebbero comunque importanti benefici sulla salute.
Il costo della sedentarietà risulta attualmente di 80,4 miliardi di euro all’anno in Europa, essendo direttamente causa di parte delle principali malattie non trasmissibili (infarto, diabete tipo 2, tumore di colon e mammella) ed indirettamente  attraverso costi riferiti ad ansia e disturbi dell’umore. Tale spesa equivale al 6,2% di tutti i costi europei relativi alla spesa sanitaria ed risulta di 5 miliardi di euro più alta di quella relativa alla spesa mondiale annua di tutti i farmaci antineoplastici. Corrisponde infine a metà del prodotto interno lordo di Irlanda o Portogallo. Tale costo è destinato ad aumentare fino a raggiungere nel 2030 il valore di 125 miliardi di euro. Tali costi potrebbero venire evitati se tutti i cittadini europei raggiungessero una media di 20 minuti al giorno di una semplice ed economica attività come il cammino o la corsa. Anche un intervento che riuscisse a rendere attivo solo il 20% della popolazione europea  porterebbe una riduzione di 16,1 miliardi dei costi.
La sedentarietà è anche causa ed effetto di iniquità sociali, poiché in Europa la parte di popolazione socialmente meno sviluppata tende a sottovalutare e praticare meno attività di quella con maggiori disponibilità, traducendosi nella marginalizzazione di questa fascia sociale ed in un’ulteriore fattore di svantaggio.
La sedentarietà è pertanto un serio problema di sanità pubblica, per cui giustamente andrebbe coniato lo slogan “sitting is the new smoking” (rimanere fermi equivale a fumare)
LA VITA MODERNA CONDUCE AD UNO STILE DI VITA SEDENTARIO
Nelle due decadi tra il 1994 ed il 2014 la percentuali di lavoratori occupati in lavori sedentari è aumentata del 12%, passando dal 55% al 67%: 2/3 della popolazione è impiegata in lavori di tipo sedentario.
Il corpo umano si è evoluto in modo che molti dei suoi organi o apparati non si sviluppino e funzionino ottimamente in assenza dello stimolo rappresentato dall’attività fisica, in quanto l’essere umano è stato “disegnato” per essere attivo.
Non è indispensabile diventare degli sportivi, ma la chiave del cambiamento è la ricerca di occasioni per consumare le energia “risparmiate” con la modernità, ad esempio andando a lavorare a piedi, camminando di più o più velocemente, facendo le scale, ….
IL MOVIMENTO È ESSENZIALE PER LA SALUTE FISICA E MENTALE
L’OMS raccomanda per gli adulti o 150 minuti a settimana (=20 minuti al giorno) di attività aerobica moderata, oppure 75 minuti a settimana di attività intensa, oppure una combinazione delle due forme di cui sopra: oltre a questa raccomandazione di minima, l’OMS sostiene che se le dosi di cui sopra venissero raddoppiate si potrebbero ottenere ulteriori benefici in termini di salute.
Si riscontrano significativi benefici sulla salute anche su coloro i quali passano semplicemente dalla categoria di “sedentari assoluti” a quella di “sporadica attività fisica”: ciò suggerisce che anche il solo supporto a far sì che qualcuno inizi a praticare una minima attività motoria produca uno sproporzionatamente grande effetto in termini di miglioramento  della salute.
I principali benefici dimostrati riguardano un ridotto rischio di infarto, ictus, sovrappeso ed obesità, diabete tipo 2, tumore di colon e mammella, cadute nell’anziano e depressione.
SEDENTARIETÀ IN ADULTI EUROPEI
In Europa il 26% degli adulti risulta sedentario: in Italia la media risulta più alta (32%), in particolare il 28% dei maschi ed il 38% delle femmine (in tutta Europa le femmine sono più sedentarie dei maschi).
Il progressivo processo di urbanizzazione è correlato ad una riduzione dell’attività fisica: anche il tipo di occupazione (es agricoltori/operai od impiegati/funzionari) incide sulla quantità di persone sedentarie.
SEDENTARIETÀ IN GIOVANI EUROPEI
L’OMS raccomanda per la popolazione compresa tra i 5 e 17 anni almeno un’ora al giorno di attività di tipo moderato, con benefici addizionali per intensità e durate più alte di quanto raccomandato. Il preoccupante dato che riguarda la popolazione europea tra gli 11 ed i 15 anni rivela che la percentuale di sedentari ammonta all’83%!
Sembra che con l’aumentare dell’età la percentuale di sedentari aumenti, poiché si va dal 77,5% degli 11enni (77% maschi, 78% femmine), all’82,5% dei 13enni (82% maschi, 83% femmine), all’86,5% dei 15 enni (86% maschi, 87% femmine): sembra che tale fenomeno sia legato all’abuso di televisione, telefoni, computer, tablet e simili.
L’attività fisica svolta da bambini è un significativo determinante della predisposizione al movimento in età adulta.
SEDENTARIETÀ E STATUS SOCIOECONOMICO
Esiste un’inclinazione al movimento legato allo status sociale, che rivela il fatto che tra i manager la percentuale di coloro i quali praticano sport od esercizio fisico almeno una volta a settimana (che rientrano nella categoria dei “regolari” od “occasionali”) sono il 58%, contro il 44% dei dirigenti, il 45% degli impiegati, il 39% degli operai, il 37% dei disoccupati ed il 27% delle casalinghe. Se però si considera la categoria dei soli “regolari” (almeno 5 volte a settimana) le differenze scompaiono.
Anche il livello di istruzione incide ed è svelato dal fatto che la percentuale di sedentari è del 68% in chi ha ultimato gli studi entro i 15 anni, mentre lo è del 27% in chi ha studiato fin oltre i 20 anni.
IL CONTRIBUTO DELLA SEDENTARIETÀ ALL’OBESITÀ
Nella decade compresa tra il 1998 ed il 2008 la prevalenza dell’obesità è raddoppiata.
Un indicatore di obesità più utile rispetto al BMI è il rapporto tra circonferenza vita ed altezza.
Parte dell’obesità è dovuta alla sedentarietà, ma la sedentarietà è un fattore di rischio indipendente per le maggiori patologie con comunicabili (diabete, infarto, neoplasie) e più importante rispetto all’obesità, che in ordine di importanza si trova al quinto posto, mentre la sedentarietà si trova al quarto. E’ dunque più importante essere attivi che magri!
FATTORI DI RISCHIO PER MORTALITÀ
La sedentarietà si trova al quarto posto in termini di importanza come fattore di rischio per la mortalità totale. Ecco la “classifica” espressa in termini di milioni di morti al mondo all’anno:

  1. Ipertensione arteriosa: 7,5
  2. Tabagismo: 5,1
  3. Diabete: 3,4
  4. Sedentarietà: 3,2
  5. Sovrappeso ed obesità: 2,8
  6. Colesterolo alto: 2,6
  7. Comportamento sessuale insicuro: 2,4
  8. Utilizzo di alcol: 2,3
  9. Sottopeso infantile: 2,2
  10. Fumo indoor da combustibili solidi: 2,0
La sedentarietà è dunque la responsabile ogni anno di 3.200.000 di morti al mondo, 360.000 persone in Europa, 30.400 decessi in Italia, 613 in Friuli Venezia Giulia, 158 in provincia di Pordenone.
Poiché tra le conseguenze della sedentarietà vi sono l’ipertensione arteriosa, il diabete, gli eccessi ponderali non è semplice isolare il reale contributo della sedentarietà, che pare essere sottostimato dai dati di cui sopra.
Vedi studio: Lack of exercise responsable for twice as many deaths as obesity, Ekelund et al. American Journal of Clinical Exercise, 2015.
Secondo un’analisi del 2012 la percentuale delle morti globali correlate alla sedenterietà ammontano al 9%, per complessivi 5.300.000 decessi al mondo (sul totale di 57.000.000 morti).
Vedi studio: Effects of phisical inactivity on major non-communicable desease worldwide: an analysis of burden of disease and life expectancy, Lee et al. Lancet, 2012.
MALATTIA MENTALE E SEDENTARIETÀ
La malattia mentale considerata in DALY (Disability Adjusted Life Years) pesa per il 20% dei problemi di salute in Europa, affliggendo una persona su quattro in qualche fase della vita in Europa. Si stima che 83.000.000 di persone in Europa soffrano di disturbi mentali (33% femmine, 22% maschi).
Vi sono numerosi studi che hanno dimostrato un legame tra l’attività fisica e la salute mentale, in particolare in termini di riduzione di depressione, ansia, bassa autostima, stress psicologico, disturbi dell’umore.
La malattia mentale spesso inizia nell’infanzia, periodo in cui l’attività fisica può giocare un ruolo per cambiare il decorso della storia mentale di una persona.
SEDENTARIETÀ E PERCEZIONE DI BENESSERE
Un aumento dei livelli di attività produce un significativo e sostanziale incremento della qualità del sonno, della produttività, della forza, dello stato d’animo, della percezione di salute globale ed una riduzione dello stress sia domestico sia lavorativo.
Tali aspetti si traducono in importanti implicazioni economiche: lavoratori più sani e più felici sono più produttivi ed efficienti, richiedono meno giorni di malattia, contribuiscono di più alla causa aziendale ed all’economia in genere.
COSTI DIRETTI DELL’INATTIVITÀ
In Europa i costi diretti dovuti alla sedentarietà ammontano a 9,2 miliardi di €.
L’Italia contribuisce per circa 1,6 miliardi di €.
COSTI INDIRETTI DELL’INATTIVITÀ
Per quantificare i costi indiretti dovuti alla sedentarietà si utilizza il DALYs, che è un indicatore che comprende gli anni di vita persa per mortalità anticipata e gli equivalenti anni di vita in salute persi per malattia. Tale indicatore rappresenta il peso che la sedentarietà impone alla società a causa della disabilità, della malattia e della mortalità prematura. Utilizzando i dati del PIL di ogni singolo Stato, il valore economico di un anno di vita è stato associato alla produttività media annuale di una persona.
I costi indiretti rappresentano il peso per la società dovuto alla sedentarietà , attraverso la riduzione della quantità e della qualità della vita: essi risultano di molto più elevati rispetto ai costi diretti.
In Europa i costi indiretti della sedentarietà ammontano a 71.1 miliardi di euro.
In Italia i costi indiretti sono stimati essere 10,6 miliardi di euro.
COSTI GLOBALI
Premesso che i costi economici descrivono solo una parte dei costi umani e sociali legati alle malattie, il costo globale (diretto ed indiretto) che la sedentarietà produce attraverso infarto, diabete tipo 2, tumore di colon e mammella e l’ansia ed i disturbi dell’umore risulta essere pari ad 80 miliardi di euro.
Le malattie cardiovascolari a causa della loro alta frequenza incidono per la quota maggiore: in Europa si stima che il 6% degli infarti siano attribuibili alla sedentarietà, causando un costo annuale di 23,5 miliardi di euro.
Si ritiene che l’8% dei diabete tipo 2 siano causati dalla sedentarietà, incidendo per 13,9 miliardi di euro sui costi diretti ed indiretti: se tutti i cittadini europei si attenessero alle raccomandazioni in merito al movimento (3 ore e mezza a settimana di attività moderata) ci sarebbero 2,3 milioni di casi in meno di diabete.
La percentuale di neoplasie di mammella e colon attribuite alla sedentarietà ammonta in Europa rispettivamente all’11,3% ed all’11,7% (in Italia il 16%): poiché tali malattie risultano molto meno frequenti rispetto a infarto e diabete, il loro peso sui costi evitabili è minore, essendo di 8,4 miliardi per il tumore della mammella e di 11,4 miliardi per quello del colon.
I costi evitabili attraverso il movimento relativi ai disordini psichici (ansia e disturbi dell’umore) ammonta a 23,1 miliardi di euro.
COSA PRODURREBBE DIMINUIRE LA SEDENTARIETÀ DEL 20%
E’ impensabile riuscire a rendere attiva tutta la popolazione europea, ma non sarebbe impossibile renderne attiva una piccola parte (il 5%, il 10%, il 20%): le ricadute in termini di costi evitati sarebbero comunque molto grandi, ossia rispettivamente 4 miliardi, 8 miliardi e 16 miliardi di euro.
L’analisi qui presentata quantifica il peso della malattia in termini economici, ma non va dimenticato che oltre a questi vi sono enormi e non quantificabili costi umani personali ed emozionali.
Ciò detto, se si riuscisse a ridurre la sedentarietà anche solo di piccoli numeri (5%-10%-20%) potremmo ottenere i risultati qui sotto riassunti.
% di riduzione della sedentarietà 5% 10% 20%
Riduzione di casi di tumore alla mammella 8.200 16.300 32.600
Riduzione di casi di tumore colon-retto 5.600 11.200 22.400
Riduzione di casi di diabete tipo 2 115.000 231.000 462.000
Riduzione dei casi di infarto 8.400 16.700 33.400
Decessi evitabili
 
25.000 51.100 102.200
 
I COSTI DELLA SEDENTARIETÀ SONO SOSTANZIALI IN TERMINI DI SPESA SANITARIA
I costi stimati in Europa per il 2012 ammontano a 80,4 miliardi di euro ed equivalgono al 6,2% del totale delle spese sostenute dai Sistemi Sanitari Nazionali.
Tale costo è 1,4 volte più alto di quello relativo ai danni causati dall’inquinamento e dall’effetto serra dovuto all’industria europea, essendo questo stimato essere di 59 miliardi.
La stima dei costi dell’inattività sono 3 volti superiori ai costi diretti che i sistemi sanitari spendono per trattare la malattie dovute al tabagismo ed al traffico, che in Europa ammontano rispettivamente a 25,3 e 30 miliardi all’anno.
Il dato riferito all’Italia rivela che il costo della sedentarietà risulta maggiore a quello medio dell’Europa, rappresentando l’8,9% della spesa sanitaria relativa al 2012.
A titolo di paragone la spesa europea equivale a metà del PIL di Paesi quali Irlanda, Portogallo o Repubblica Ceca, oppure equivalente alla somme del PIL di Lussemburgo, Islanda e Cipro.
 
 
 
LA SEDENTARIETÀ IN ITALIA
L’ESTENSIONE ED I COSTI DELLA SEDENTARIETÀ IN ITALIA
La percentuale di italiani adulti che non raggiunge i livelli minimi raccomandati di attività fisica è pari al 33%.
Per bambini ed adolescenti la percentuale è molto più alta, raggiungendo addirittura il 92% per i 13 enni.
Una forte disparità di genere si rileva tra maschi e femmine, con percentuali di sedentarietà rispettivamente del 28% per i primi ed del 38% per le seconde.
Si stima che in Italia i decessi attribuibili alla sedentarietà siano il 14,6% del totale, equivalendo a circa 88.200 morti all’anno (dati 2012): queste sono persone che si sarebbero potute salvare se avessero adottato uno stile di vita attivo.
Per l’Italia i costi diretti per il Sistema Sanitario ammontano a 1,6 miliardi di euro, mentre quelli indiretti sono considerati essere di 7,8 miliardi di euro (DALYs: mortalità prematura e anni di vita in salute persi).
I disturbi di ansia e depressione correlati alla sedentarietà ammontano alla perdita di 102.000 anni di vita aggiustati per disabilità (DALYs) ogni anno, causando un costo di 2,8 miliardi.
Sommando i costi di cui sopra, il prezzo da pagare per la sedentarietà italiana vale ogni anno circa 12 miliardi di euro, che equivale all’8,9% della spesa sanitaria, una cifra 4 volte maggiore a quella investita per affrontare i costi diretti del tabagismo.
Le somme rappresentano una sottostima rispetto ai potenziali benefici di un’aumentata attività motoria, poiché i risvolti positivi del movimento risultano così numerosi e vari da non essere quantificabili solo economicamente: diminuito stress, aumentato benessere, maggiore produttività, minore probabilità di complicazioni legate alla salute sono aspetti interconnessi che comportano benefici non solo in termini economici, ma anche sociali e personali
UN TERZO DEGLI ITALIANI RISULTA INSUFFICIENTEMENTE ATTIVO
Secondo l’OMS, nel 2010 il 33,2% degli italiani maggiori di 18 anni risultava insufficientemente attivo (30 minuti di attività moderata al giorno): le donne erano meno attive (38,1%) degli uomini (28,2%).
I giovani risultavano i meno attivi di Europa: il 92% dei ragazzi tra gli 11 ed i 15 anni , non raggiungeva le raccomandazioni OMS (1 ora di attività moderata al giorno).
In Italia il 16,2% dei tumori di colon-retto sono causati dalla sedentarietà: molto di più della media europea che si attesta al 13,7%.
In Italia il 9,1% dei casi di infarto dipendono dalla sedentarietà.
RIDURRE LA SEDENTARIETÀ DI 1/5 POTREBBE EVITARE 17.600 MORTI
Lo status socioeconomico influenza i livelli di attività: una ricerca del 2000 ha rivelato che a fronte di una media del 10% di sportivi adulti, la percentuale diminuiva al 6,2% nel gruppo di coloro i quali avevano completato la terza media, a fronte del 13,9% tra coloro i quali avevano completato i corsi universitari.
Ciò suggerisce che persone con ridotta istruzione siano meno propensi a trovare del tempo per praticare esercizi fisici, benché lo studio di cui sopra abbia anche rivelato che le persone meno istruite praticavano sport per una durata maggiore (2 ore a settimana) rispetto ai più istruiti (1,5 ore).
In Italia la sedentarietà è responsabile del 14,6% della mortalità totale, che corrisponde a 88.000 morti potenzialmente evitabili.
L’eradicazione della sedentarietà porterebbe l’aspettativa di vita nazionale a crescere di 10 mesi: per coloro i quali risultano attualmente sedentari, il guadagno di aspettativa di vita sarebbe di 22 mesi.
Se solo si riuscisse a ridurre la sedentarietà del 5%, del 10% o del 20% i decessi potenzialmente evitabili sarebbero rispettivamente 4.400, 8.800 e 17.600 ogni anno.
PIÙ DI 227 MILIONI DI COSTI DIRETTI DA TUMORI SONO ATTRIBUIBILI ALLA SEDENTARIETÀ
Il tumore della mammella incide per 639.000.000 di € sul Sistema Sanitario: poiché si stima che il 15,6% di tali tumori dipendano dalla sedentarietà, all’inattività possono venire attribuiti 100.000.000 € di costi diretti.
Nel 2012 vi erano 209.000 persone con un tumore alla mammella, di cui 33.000 attribuibili alla sedentarietà.
Anche una minima riduzione della quota di persone sedentarie (5%, 10%, 20%) porterebbe ad una riduzione significativa dei casi (rispettivamente 1.600, 3.300 e 6.500) e dei costi (5 milioni di euro, 10 milioni di euro e 20 milioni di euro).
Le persone con un tumore di colon-retto sono stimate essere 140.000, incidendo sul Sistema Sanitario per 786.000.000 di € (ossia il 0,5% del totale della spesa del SSN): poiché il 16,2% di tali tumori sono causati dalla sedentarietà, si stima che i costi di questo tumore attribuibili alla sedentarietà ammontino a 127.000.000 di €.
Anche nei confronti del tumore del colon-retto, una minima riduzione della sedentarietà (del 5%, 10%, 20%) porterebbe ad una riduzione significativa dei casi (rispettivamente 1.100, 2.300 e 4.500) e dei costi (6,4 milioni di euro, 12,7 milioni di euro e 25,5 milioni di euro).
I COSTI DIRETTI DELLE PATOLOGIE CORRELATE ALLA SEDENTARIETÀ INCIDONO PER 1,6 MILIARDI SUL SISTEMA SANITARIO
In Italia i casi di diabete tipo 2 causati dalla sedentarietà sono superiori (11,2%) di più di 4 punti rispetto alla media europea, equivalendo a 390.000 casi, comportando una spesa di 1,1 miliardi di euro.
Una minima riduzione della sedentarietà (del 5%, 10%, 20%) porterebbe ad una riduzione significativa dei casi di diabete (rispettivamente 20.000, 39.000 e 79.000 in meno) e dei costi (54 milioni di euro, 107 milioni di euro e 215 milioni di euro).
I costi diretti degli infarti in Italia ammontano a 2,9 miliardi di € nel 2012, ossia il 2% della spesa totale del sistema sanitario.
I casi di infarti causati dalla sedentarietà risultano il 9,1%, equivalendo a 26.100 casi (sul totale dei 287.000 infarti del 2012), che comportano una spesa di 261 milioni di euro.
Una minima riduzione della sedentarietà (del 5%, 10%, 20%) porterebbe ad una riduzione significativa dei casi di infarto (rispettivamente 1.300, 2.600 e 5.200) e dei costi (13 milioni di euro, 26 milioni di euro e 52 milioni di euro).
I COSTI INDIRETTI DELLE PATOLOGIE CORRELATE ALLA SEDENTARIETÀ INCIDONO PER 1,6 MILIARDI SUL SISTEMA SANITARIO
Gli infarti sono responsabili della quota più alta di costi indiretti, equivalendo a 3,1 miliardi di euro, corrispondendo a 114.000 DALYs persi.
I costi indiretti attribuiti al diabete tipo 2 sono di 1,6 miliardi, di poco inferiori agli 1,7 miliardi imputati al tumore di colon-retto e dei 1,4 miliardi del tumore della mammella.
Ridurre di un solo quinto la sedentarietà potrebbe far diminuire i costi indiretti di 1,6 miliardi annualmente: ad una minima riduzione del 5% dell’inattività corrisponderebbe una spesa annuale inferiore di 400 milioni di €.
SALUTE MENTALE
I costi relativi alla salute mentale raggiungono i 1,7 milioni di DALYs (dati 2012), ossia il 10% dei DALYs per tutte le malattie: l’ansia e la depressione contribuiscono per 1 milione di questi, la cui prevalenza dipende per il 9% dalla sedentarietà.
I costi indiretti di queste due condizioni ammontano a 2,8 miliardi di euro: rendendo meno sedentario il 20% della popolazione si ridurrebbero i costi di 555 milioni di euro.